mercoledì 29 luglio 2015

Sebastian mette ordine

Capolavoro Vettel: in una gara con quattro potenziali vincitori, ecco perché ha trionfato l’unico che se lo sia meritato davvero.

di Federico Principi






“Merci Jules. Cette victoire es pour toi, cette victoire es pour toi. You will always be in our hearts. We know that sooner or later Jules would have been a part of this team.”

Quando Michael Schumacher portò a termine la quarantunesima vittoriosa gara della sua carriera, a Monza nel 2000, pianse. Pianse in conferenza stampa, consolato dal rivale mai troppo nemico Mika Hakkinen, con una pacca sulla schiena che a tutti sembrò sincera. Niente a che vedere con le formali e protocollari strette di mano tra Vettel e Alonso o tra Rosberg ed Hamilton. Pianse Schumi, ma non rivelò mai il vero motivo: forse una serie di circostanze lo avevano fatto crollare. L'estate era stata estremamente stressante e difficile, i ritiri si susseguivano e l’apparentemente incolmabile vantaggio accumulato sulla McLaren dopo le prime 4-5 gare, a settembre era già completamente dilapidato. Pianse, forse perché la quarantunesima vittoria gli ricordava un suo vecchio rivale: 41 era il numero di successi di Ayrton Senna, eguagliati quel giorno da Michael. Non si erano amati il brasiliano e il giovanissimo ambizioso tedesco, che tuttavia se lo vide morire proprio davanti agli occhi, forse "provocandone", involontariamente, la fatale uscita di pista, visto che Schumi stava fin dalla partenza braccando a pochi metri il fuoriclasse di San Paolo. Forse perfino odorandone la puzza dei tubi di scarico.

Il pianto di Schumi a Monza: consolato da Hakkinen e, ovviamente, dal fratello Ralf.

Non sappiamo se Sebastian Vettel abbia avuto un simile sfogo di dolore e di angoscia, magari sotto il casco mentre pronunciava quella dedica a Bianchi alla radio dopo la fine della corsa. I paralleli tra Seb e Schumi si sono sprecati, e sono diventati più materiale da gossip che reali considerazioni tecniche. Fatto sta che, dopo aver riprodotto lo schumacheriano gesto del direttore d’orchestra che scandisce l'Inno di Mameli suonato a Sepang, non si può non credere che nel giorno in cui Vettel eguaglia le vittorie di Senna, così come fece Michael, anche il Campione del Mondo con la Red Bull avrà versato qualche lacrima di commozione.

La dedica a Bianchi.

Lo avrà probabilmente fatto, dopo una gara capolavoro. Provata e riprovata al simulatore, perfino poche ore dopo il funerale di Jules, quando il tedesco si è immediatamente fiondato a Maranello per affinare altri dettagli. Come se se lo sentisse, o lo volesse a tutti i costi. Un weekend cominciato con eccezionali prestazioni in Q2 e Q3, proseguito con una partenza "a cannone" (grazie Guido Meda) e con un ritmo forsennato, soprattutto con le soft. Con le medie la Ferrari ha sofferto, e si sapeva, e la Safety Car sembrava clamorosamente poter porre una pietra tombale sulle ambizioni di un successo fin lì inattaccabile. Ma nessuno avrà poi l’opportunità di puntare la scia di Sebastian e minacciare la sua sacrosanta vittoria.

Il Gran Premio di Ungheria è decisamente il più avvincente di questa stagione, più di quello dello scorso anno e più della stragrande maggioranza delle gare degli ultimi 20 anni. Alla fine sul podio salgono le Red Bull di Kvyat e Ricciardo, con Hamilton e Rosberg rispettivamente sesto ed ottavo per motivi di cui parleremo. La Mercedes non mancava sul podio dall'ultimo Gran Premio prima della sua dittatura, vale a dire il Brasile 2013: si ferma a 28 la striscia di gare consecutive a podio, ben lontana da quella di 53 corse della Ferrari dell’era-Schumacher, iniziata nella Malesia nel 1999 e proseguita per le intere stagioni 2000, 2001 e 2002. Si è parlato molto, negli ultimi mesi, della competitività della power unit Mercedes che sovente ha costruito una classifica con il monopolio dei primi 3, 4, 5, perfino 6 piazzamenti. Le statistiche dell'Ungheria ribaltano completamente quelle gerarchie: un po' per sventure, un po' per il nuovo carburante Total che ha garantito qualche cavallo in più al motore termico Renault, il primo equipaggiato con propulsore tedesco è proprio Hamilton in sesta posizione, perfino alle spalle della McLaren-Honda di Alonso. Una casistica, più casuale e curiosa che prettamente tecnica, che non si verificava dal GP del Giappone 2013, quando il primo motore Mercedes sotto la bandiera a scacchi fu Nico Rosberg in ottava posizione.

La Ferrari non era mai andata così vicina ad una doppietta negli ultimi 5 anni: sì perché i tempi delle scorpacciate Schumi-Barrichello sono ormai lontanissimi. L’ultimo 1-2 risale all'ormai lontano Hockenheim 2010, quello del famoso: "Felipe, Fernando is faster than you". Un problema al motore elettrico comprometterà tuttavia la gara di un magnifico Raikkonen, privandolo di oltre 100 cavalli, e la Safety Car con conseguente azzeramento dei distacchi sarà soltanto il colpo di grazia. A quel punto Kimi sarà preda fin troppo facile per tutti i pescecani affamati di punti alle sue spalle. Raikkonen che, scattato come un siluro allo spegnimento dei semafori, si era andato ad accodare al compagno Vettel tenendo dietro entrambe le Mercedes. Scenario, quello della partenza, che noi di Fuori dagli Schemi avevamo ampiamente previsto nel nostro pre-gara: le Mercedes, soprattutto quella di Hamilton ormai in crisi da questo punto di vista, hanno confermato i loro problemi nel trovare il giusto "bite point", che per i meno cool potremmo più semplicemente definire "stacco frizione". Una manovra che fino al GP di Ungheria è stata effettuata elettronicamente da piloti ed ingegneri in collaborazione, e che sarà resa interamente meccanica a partire dal prossimo appuntamento di Spa. Il pilota sarà l'unico artefice del proprio destino sui blocchi di partenza: vedremo cosa cambierà.

La bruciante partenza delle Ferrari. Ve lo avevamo detto…

Vettel è andato contro tutto e tutti, ma soprattutto contro le circostanze: la solita superiorità Mercedes in qualifica, le difficoltà della Rossa con le gomme più dure, la Safety Car che ha azzerato i distacchi. Ha probabilmente costruito il capolavoro di un’intera carriera. Criticato ingiustamente in passato, gli si imputava di essere veloce solo grazie al missile di Adrian Newey e lo si intimava a dimostrare la propria competitività con altre vetture. Lo sta facendo. Per la prima volta è probabilmente andato perfino oltre le potenzialità della propria macchina, dato che a Sepang la Ferrari ha nettamente surclassato i tedesconi nella gestione gomme, con un ritmo in gara piuttosto simile tra le due vetture ma una sosta in meno per la Rossa. Poteva nonostante tutto perdere la gara, ma per una volta è venuta in soccorso quella meritocrazia che troppo spesso latita in questo ricco e tecnologico sport. Sebastian Vettel era l’unico pilota degno della vittoria del Gran Premio di Ungheria, ma poteva tranquillamente perderlo.

Perché doveva vincere Hamilton
Ogni volta che si torna nel paddock, Lewis Hamilton (oltre che pubblicare foto con tasso di truzzaggine sempre più elevato) è sempre più favorito numero uno per la vittoria finale del Gran Premio. Il sabato sera le sue quote, dopo la quasi matematica pole del pomeriggio, si abbassano sensibilmente. Nonostante una partenza alla moviola, della quale è però ormai perfettamente consapevole ed abituato, rimaneva in ogni caso lui il favorito per i 25 punti a fine Gran Premio. Il lungo alla chicane ha riportato alla memoria degli appassionati il primo giro del Gran Premio del Brasile 2007, che gli costò il Mondiale alla prima stagione in Formula 1, e ha notevolmente abbassato le sue percentuali di velleità di successo. Fino alla Safety Car. Nonostante gli oltre 30 secondi di ritardo nei primi giri, a pista libera Lewis sembrava sul passo, se non addirittura più veloce, di Sebastian Vettel, e quindi anche di Raikkonen e Rosberg. Il botto di Hülkenberg e la mancata opportunità di Nico di montare le gomme soft, unite al fatto che Kimi fosse ormai spacciato, lo candidavano di nuovo all’ennesimo, stavolta immeritato, successo. Come gli aveva annunciato il suo ingegnere di pista dietro la vettura di sicurezza: “We are racing for the win”. E invece Hamilton, puntato immediatamente da un indiavolato Ricciardo con le soft, lo spingerà fuori pista, rimediando la rottura di una parte fondamentale dell’ala anteriore ed un indiscutibile drive through di penalità. Forse se lo sentiva Lewis, che ha detto di non aver dormito bene nella notte tra sabato e domenica, che stava per realizzare la peggior gara della carriera.


"Lewis Hamilton insane race": ci riferiamo solo alle prime due scene del video.

Perché doveva vincere Rosberg
Lo stesso team radio che era stato rivolto ad Hamilton dietro la Safety Car, l’ingegnere di pista di Rosberg lo ha comunicato al pilota tedesco con una perifrasi più lunga. Ma la sostanza era quella: ora, con l’azzeramento dei distacchi, puntiamo secco alla vittoria. Ma Nico ha commesso un gravissimo errore: non sappiamo se per presunzione, come diremo più avanti nel nostro pagellone semi-serio, o se veramente avesse grossi problemi con le soft. Sta di fatto che dopo aver montato le medie nel secondo stint, è sembrata inspiegabile ed inconcepibile la scelta di ritornare di nuovo in pista con le gomme bianche anche nella terza ed ultima parte di gara. Con la soft, prestazionale e con un numero accettabile e non elevato di giri da percorrere, Rosberg avrebbe probabilmente messo in crisi un Vettel costretto alle medie che per giunta sulla sua Ferrari funzionano male. Ed invece il vice-Campione del Mondo raramente ridurrà sotto il secondo il proprio gap da Sebastian, senza mai concretamente attaccarlo, e si vedrà molto più vicino invece alle fauci di uno scatenato Ricciardo. Rosberg non ha colpe per la sua foratura causata dal contatto con l’ala dell’australiano, ma con le soft avrebbe tranquillamente evitato tutti questi problemi e sarebbe ora in testa al Mondiale.

Perché doveva vincere Ricciardo
Semplice. La Red Bull non aveva un eccessivo gap di telaio-motore su questa pista rispetto a Ferrari e Mercedes, e dopo la Safety Car era l’unico, insieme al compagno Kvyat che gli era alle spalle ed era più lento di lui, a montare le velocissime soft. Il compound più morbido compensava con gli interessi il leggero ritardo che le lattine hanno ancora rispetto alle due case di vertice, e così Ricciardo ha immediatamente puntato un distratto Hamilton ed un impossibilitato Raikkonen. In pochi giri la macchia viola è diventata sempre più larga negli specchietti di Rosberg, ma la superiorità di cavalli Mercedes compensava perfettamente il DRS aperto solo sulla vettura di Ricciardo. E così l’australiano poteva inventarsi il sorpasso solo così, in staccata: alla sua superiore abilità in frenata rispetto a quasi tutti gli altri piloti, si aggiungeva una gomma più morbida che riduceva lo spazio di decelerazione. Non è quindi per nulla esagerato il tentativo che Daniel ha effettuato per provare a scalzare il più lento tedesco della Mercedes. Grave errore però quello di non staccare per un secondo il piede dall’acceleratore in uscita di curva, finendo contro la vettura di Nico e tagliando la propria ala, oltre che lo pneumatico posteriore del tedesco. In quel momento i ferraristi dovevano tifare per Rosberg: se Ricciardo avesse passato il pilota Mercedes, che già aveva più ritmo di Vettel, molto più agevole sarebbe stato il sorpasso sul leader della corsa dotato per giunta di meno cavalli di Rosberg per difendersi in rettilineo. <<Se avessi passato Nico, avrei ripreso anche Seb>>, il commento a fine gara di Ricciardo. Ma per la partenza lenta e per essere finito addosso a Rosberg nel finale, non meritava neanche lui la vittoria. Ed anzi si deve amaramente accontentare di mangiare di nuovo la polvere nei confronti del meno titolato compagno di squadra.

Contatto Rosberg-Ricciardo: nel video si può apprezzare la staccata contraria alle leggi della fisica del pilota australiano.


Le pagelle di Fuori Dagli Schemi

Apriamo questa nostra nuova sezione, che andrà a sviscerare con rigore e precisione il Gran Premio appena trascorso attraverso una lista di valutazioni a "piramide". Analisi serie, tecniche, approfondite, ma con qualche aspetto e situazione divertenti messi qua e là, e che non vanno presi troppo sul serio. Sotto quindi con le severissime pagelle del Gran Premio di Budapest.


10 E LODE – ad HELMUT MARKO: Questo controverso personaggio, capo del progetto giovani piloti della Red Bull, ha negli anni attirato non poche antipatie. Mark Webber lo avrà mandato in quel posto più di una volta, per via del sospetto (fondato) che la politica interna Red Bull favorisse Vettel (prodotto dell’accademia della lattina) piuttosto che l’australiano. Vergne si è visto negare un sacrosanto posto in Formula 1 per lasciare spazio ai poppanti Sainz e Verstappen. Per non parlare di una quantità esagerata di piloti bruciati prima e silurati poi, senza troppi complimenti, con poche opportunità e tutte offerte in tenera età. Oggi Marko è riuscito nella ciclopica impresa di piazzare quattro suoi piloti del "vivaio Red Bull" nei primi quattro posti. Chapeau.
Ma tornando alle considerazioni serie (o che hanno la pretesa di essere tali), il voto massimo non può che essere assegnato a SEBASTIAN VETTEL: weekend capolavoro, sin dalla qualifica dove non era facile tenere dietro le redivive Red Bull e le Williams col famoso bottoncino magico, né avvicinarsi a soli 144 millesimi dal tempo di Nico Rosberg. La partenza è pura poesia, il ritmo con le soft è imprendibile anche per Nico: forse non lo sarebbe per Hamilton, che però è già a più di 30 secondi di distanza dopo pochi giri. Nonostante la Safety Car, difende, senza rischiare nulla, la leadership nei confronti di due vetture con un passo potenzialmente migliore del suo. Non viene mai concretamente attaccato, poi ci pensano Rosberg e Ricciardo ad eliminarsi da soli. Per Seb a quel punto si tratta solo di passeggiare fino alla bandiera a scacchi. La migliore gara della carriera assieme a Monza 2008 con la Toro Rosso.
Voto assegnato d’ufficio anche a KEVIN MAGNUSSEN: il terzo pilota McLaren si è lasciato andare in settimana ad una dichiarazione da Premio Nobel. Il danese è messo alle strette dal probabile campione di GP2 Vandoorne, che l’anno prossimo potrebbe sostituire il vecchio Button scalzando proprio Magnussen: <<Il mio unico desiderio è poter riprendere in mano una vera monoposto e gareggiare. Lavorare al simulatore è divertente, però non è per nulla eccitante. Insomma è un po’ come guardare un film porno. Sono soltanto immagini, non realtà…>>. Lascio a voi ogni tipo di commento.
Si merita il 10 e lode anche FUORI DAGLI SCHEMI: avevamo previsto la gran parte delle cose successe in pista. Non gli incidenti, ma vabè, non siamo degli sciamani.

10 – alla PRESUNZIONE DEI PILOTI MERCEDES: Diceva Jules Verne: "Meno comodità si hanno e meno bisogni si hanno". Miglior telaio, miglior motore, potenza extra, pacchetto completo prodotto interamente sotto lo stesso tetto: Hamilton e Rosberg hanno nelle mani una vettura che rischia seriamente di proporsi come la più competitiva di tutti i tempi. Ma ormai, come i gatti domestici rispetto a quelli selvatici, sono decisamente viziati ed abituati al lusso. Così arrivano errori, pacchiani, che però loro si possono permettere senza compromettere troppo le proprie ambizioni. Se il lungo di Hamilton nel primo giro lo avessero fatto Verstappen o Maldonado, sarebbero probabilmente messi alla gogna dai team e dalla stampa. E di certo non sarebbero comunque stati ancora in corsa per il quarto posto o per il podio. Non contento, Lewis si concede una manovra da corsa amatoriale di kart, speronando Ricciardo dopo la Safety Car ma compromettendo (giustamente) la propria gara. Non si sottrae neanche Nico Rosberg a questo gioco del "io ho più ego di te": dopo le continue dichiarazioni secondo cui il tedesco e l’inglese sarebbero “sempre molto vicini"(bah… Lewis quest’anno ha battuto Nico quasi in ogni occasione), Rosberg avrebbe scelto di montare le medie anche nell’ultimo stint per copiare la strategia (obbligata) di Hamilton. Un po’ come a dire: “Io ti sono davanti, e con le stesse gomme non mi passi mai. Rispetto alla Ferrari avrò più ritmo, con queste gomme vado a vincere". E invece Ricciardo, con le soft, se lo stava divorando.
Si rivede al top della forma, e se lo merita tutto questo voto, FERNANDO ALONSO: passa finalmente il Q1 tirando giù dalla torre il veloce compagno di squadra, spinge a mano la vettura (ferma per un problema tecnico) per portarla ai box nel Q2, ma non riuscirà a ripartire. In gara è un mastino, nonostante un problema alla visiera che si va ad infilare nel condotto del freno, costringendolo ad una sosta extra. Che si aggiunge alla seconda, anticipata per via di una foratura lenta. McLaren finalmente in grande spolvero, soprattutto con il suo capitano, sfruttando la conformazione della pista che ridimensiona l’importanza dei cavalli della power unit ibrida. Alla fine sarà quinto posto, sfruttando gli errori degli altri, ma dopo aver battagliato ad armi pari con molti avversari, su tutti Sainz a danno del quale il due volte Campione del Mondo compie uno splendido sorpasso inquadrato dalle telecamere.

9 – a KIMI RAIKKONEN: Buongiorno Kimi. Porto una brioche e un cappuccino, o preferisci eggs and bacon? Finalmente alzato, hai dormito bene? “Ne succede sempre una" hai detto a fine gara. Ma sei stato te a farle succedere: sia in Canada che in Austria ti sei dimenticato di disattivare la mappatura RS (Race Start), che fornisce una coppia extra in fase di partenza, quindi sia allo start che dai box, andando in testacoda in entrambi i casi. In Inghilterra ti sei fiondato ai box dopo tre gocce di pioggia, confondendo la scivolosità delle gomme, dovuta a perdita di temperatura, con la pista bagnata. Prima ancora in Spagna avevi rifiutato il "kit Evo" aerodinamico portato a Barcellona, e che in realtà funzionava. A Monaco ti sei fatto battere dalle due Red Bull sia in gara che in qualifica. Finalmente una gara in cui a piazzare le ruote davanti alle tue meritava di essere unicamente il tuo, fenomenale, compagno di squadra.
È passata sottotraccia per gli osservatori superficiali, ma non per gli occhi attenti del sottoscritto che da anni lo adotta come pupillo (e lo ha tifato nella trionfale Le Mans), la prova di NICO HÜLKENBERG: la Force India ha dovuto irrobustire le sospensioni dopo il cappottamento di Perez nelle prime prove libere, e ciò ha impedito ad entrambi i piloti di sfondare la barriera del Q3, ma non a Nico di rifilare oltre sei decimi in qualifica al messicano. Hülkenberg piazza un’altra partenza-fionda, dall'undicesima casella (quindi dalla parte pulita) fino alla quinta posizione dopo la prima staccata del secondo giro. Al momento del collasso dell’ala anteriore Nico era settimo, appena davanti ad un Kvyat in possesso di una vettura (su questo tracciato) decisamente più competitiva. La Ferrari non vuole puntare su di lui per non andare incontro a problemi commerciali, schierando due piloti tedeschi: ma quando vedremo un fenomeno così su una vettura finalmente di vertice?

Soltanto un cedimento strutturale poteva arrestare la grinta di Nico Hülkenberg.
8 – a DANIIL KVYAT: Avevamo già pronosticato un possibile podio per le Red Bull, ma di certo non potevamo prevedere l’ambaradan che si sarebbe creato. Kvyat lotta contro un flatspot nel primo stint, costretto da un ordine di scuderia a lasciare strada al più veloce compagno che in poco tempo va all'attacco di Hülkenberg. Daniil, anche lui con le soft nel finale, non ha il passo per stare con Ricciardo e con i primi tre, ma poi se vai a vedere la classifica (nonostante dieci secondi di penalità per aver scavalcato Hamilton tagliando curva 4) dietro Vettel c’è lui. Questo sport premia anche la regolarità.
Per integrare la lista dei ragazzini terribili nel mirino della Red Bull, grande performance e grande risultato quelli realizzati da MAX VERSTAPPEN: figlio d’arte nella scuderia dei figli d’arte, a 18 anni non è facile reggere la pressione, ancora più amplificata, di un compagno di squadra del tuo stesso livello. Paradossalmente sarebbe più semplice avere un top driver come chioccia all’interno del team. Max esclude il compagno Sainz dalla Q3 ed in gara, dopo una brutta partenza, gli ritorna davanti dopo il primo pit stop, provocando le (forse giustificate) lamentele di Sainz a fine gara. Dopo la Safety Car urta la posteriore destra di Bottas, bucandola. Rimedia un drive through per eccesso di velocità sotto la Safety Car che gli fa scalare di almeno un punto la nostra valutazione. Ma ora la classifica sorride al figlio dell’ex compagno di squadra di Schumacher alla Benetton: ai 9 punti conquistati da Sainz, il minorenne contrappone i propri 22.

7 – a DANIEL RICCIARDO: Che meriterebbe di più, non fosse per aver causato quel parapiglia che nel finale ha completamente tagliato fuori un Rosberg che comunque se l'è cercata, perché con le gomme soft non avrebbe mai dovuto difendere la posizione dall'australiano. Un anno dopo ritorna sul luogo del delitto, fa segnare dei tempi al venerdì che spaventano perfino le Mercedes, ma in gara parte male finendo dietro al fulmine Hülkenberg e al compagno Kvyat qualificato alle spalle di Daniel. Intuisce che le soft sono la scelta giusta per attaccare Mercedes e Ferrari dopo la Safety Car, sverniciando immediatamente un sonnolento Hamilton e puntando dritto alla vittoria. Alla fine raccoglie il podio, ma sulla bandiera a scacchi guarda i tubi di scarico del compagno di squadra. Anzi, il gap è talmente elevato che il suo compagno russo lo rivede direttamente sul podio.
È riuscito a qualificarsi per la Q3, nonostante il tracciato di Budapest non sia il migliore per la propria vettura, ROMAIN GROSJEAN: In gara si dimostra costante e fino a poche tornate dal termine occupa la sesta posizione. Fino a che non lo raggiunge il carro armato color argento del Campione del Mondo, che gli fa scalare una posizione. Resta la soddisfazione di concludere davanti alla Mercedes di Rosberg, oltre a quella di aver demolito il proprio compagno Maldonado sia in qualifica che in gara.
Stessa identica gioia, quest’ultima, provata anche da MARCUS ERICSSON: il pilota pagante per definizione stavolta si trasforma in pilota vero, arrestando senza complimenti (anche lui tanto al sabato quanto alla domenica) le ambizioni di colui che dovrebbe essere la vera punta di diamante del team, cioè Nasr. Che troppe volte invece è stato battuto dallo svedese. La cosa che rende il tutto più prestigioso è che questo duello intestino vale in realtà un punto mondiale, in un Gran Premio dove la Sauber è a livello prestazionale la penultima vettura del circus. Punto che si aggiudica quindi Ericsson.

Marcus Ericsson a punti: un evento più raro del Giubileo.
6 – a JENSON BUTTON: Seconda gara a punti della stagione in occasione di un evento, entrambe le McLaren nella top 10, che suscita una quantità di clamore paragonabile ad un’ipotetica vittoria della Toro Rosso. Il Campione del Mondo 2009 si fa tuttavia battere, ed anche piuttosto nettamente, dal Campione del Mondo 2005 e 2006: quest’ultimo in gara deve pure fare una sosta extra per il problema alla visiera di cui abbiamo parlato sopra. Ma se "quest'ultimo" si chiama Fernando Alonso, che già qualche volta Button ha ridimensionato in questa stagione, non è uno scandalo terminargli quattro posizioni dietro.
Strappa la sufficienza anche ROBERTO MERHI: vince il Gran Premio della categoria GT, staccando di mezzo secondo il compagno Stevens in qualifica e concludendo davanti anche la domenica. Le Manor continuano a correre da sole ma è sempre divertente vedere chi dei due si piazza davanti. Merhi ora è avanti 5-4: il loro campionato è ancora lungo ed appassionante, e si deciderà molto probabilmente ad Abu Dhabi.

5 – a CARLOS SAINZ: Lo spagnolino che tanto piace agli addetti ai lavori anche questa volta ha dovuto incassare i colpi di Verstappen. Un vero e proprio 6 al superenalotto quello del minorenne olandese, già veloce di suo, ma che si ritrova un po’ per caso in quarta posizione ottenendo in una sola botta più del 50% dei propri punti mondiali (12 su 22), il 40% di tutti quelli ottenuti dalla Toro Rosso (30). Difficile da digerire per il figlio del grande Carlos questo ribaltamento di situazioni, dopo che fino al Gran Premio del Canada nel box comandava lui. Costretto al ritiro in Ungheria, non aveva comunque il passo per stare con il compagno, né per stare con Alonso. Ricacciato nel purgatorio della Q2 proprio da Verstappen, che invece si prende il lusso di far segnare il nono tempo, il primo dietro le quattro vetture (Mercedes, Ferrari, Red Bull, Williams) imprendibili in qualifica. Si lamenterà a fine gara della decisione del suo team di fermare prima l’olandese, che poi sfruttando l’undercut lo ripasserà dopo la prima sosta: non sembra avere tutti i torti, ma in ogni caso l’immagine del sorpasso subito dalla McLaren di Alonso è ancora bella nitida.
Compagno di sventure di Sainz è SERGIO PEREZ: sfortunato quando si cappotta nelle libere per colpa del cedimento di una sospensione, meno quando si becca sei decimi in Q2 dall’incontenibile dirimpettaio del box. Lotta per portare a casa qualche punto, ma quando si affianca a Maldonado per un sorpasso tutti siamo consapevoli che sta avvenendo un demolition derby. E infatti Perez, totalmente incolpevole, finisce fuori: riparte, ma la gara è compromessa. Belli gli autoscontri.

4 – alla COERENZA DI QUELLI CHE VOLEVANO LA TESTA DI RAIKKONEN: Anni fa, quando ancora allenava il Siena in Serie B, abbiamo assistito ad una conferenza stampa di Antonio Conte che, pur non essendo un guru della simpatia a livello personale (per lo meno dietro i microfoni), sbottava con una puntina di ragione: “Perché noi ci andiamo in Serie A, poi che non salga nessuno su quel (bip) di carro”. Domenica 26 luglio e lunedì 27 luglio 2015 c’è la fila sul carro di Kimi Raikkonen. Un giochino tipicamente calcistico da pseudo-intenditori, la cui memoria probabilmente non supera i 3-4 giorni e il cui equilibrio mentale tocca livelli vicini allo zero assoluto. A Sky hanno condannato a morte Raikkonen senza contraddittorio, introducendo una lista di possibili sostituti tra i quali era compreso perfino il ricco e pagante ma decisamente scarso (lasciatemela dire questa offensiva parola) Gutierrez. Domenica sera, invece, il plebiscito pro-Kimi. Al momento attuale non si vede un pilota (escluso Hülkenberg, uno dei pochissimi che vanno veramente oltre il potenziale della propria vettura, ma come già detto la Ferrari non vuole due tedeschi) del livello di guida di Kimi Raikkonen. Ricciardo è fenomenale, ma nessuno parla della sua di incostanza, e la soluzione Bottas appare francamente ridicola: un pilota che da solo non fa mai la differenza, aspettando solamente occasioni e tracciati dove la sua macchina è oggettivamente fortissima per fare qualche risultato, e non sempre gli riesce. Bisogna quindi decidersi: che Kimi sia tanto veloce quanto discontinuo lo si sa ormai da decenni, e in ogni caso anche prima della rottura del motore elettrico aveva già beccato 10 secondi dal compagno di squadra con ancora una trentina di giri davanti. Si sia quindi coerenti, sostenendo tuttora la necessità di sostituirlo per via delle sue distrazioni che comunque ricapiteranno. Altrimenti già prima della bella prestazione ungherese si doveva comunque pensare di insistere su di lui, dato che rimane oggettivamente uno dei 4-5 piloti col piede più pesante.

Quel casco rimane per ora ben saldo. Chissà quando si procederà alla sua decapitazione…

3 – a NICO ROSBERG: Si concentra solo su Lewis, parla sempre di Lewis, si autoconvince che lui e Lewis siano sempre molto vicini. È probabilmente ossessionato da Lewis. Chissà se capisce che Vettel, con una macchina inferiore, ha vinto un numero di gare simile al suo ed è solo 21 punti alle sue spalle. La stessa differenza che c’è tra lui e Lewis. E che forse, non fosse per il siluro che ha sotto i piedi e che appiattisce l’abilità dei piloti, il titolo mondiale lo vedrebbe col binocolo. È talmente paranoico nel duello con Lewis che non capisce che montando le gomme soft in regime di “virtual Safety Car” andrebbe probabilmente ad attaccare le Ferrari, anziché semplicemente difendere la posizione da Lewis, che nel frattempo aveva montato anche lui le medie, ma perché costretto dal regolamento. Quel “probabilmente” si trasforma in “certamente” quando esce la Safety Car vera. Ricciardo lo colpisce a tradimento, ma lui poteva tranquillamente evitare tutta questa situazione. Un weekend che lo avrebbe agevolmente portato in testa al Mondiale, con lui primo e Lewis settimo avrebbe recuperato 19 punti. Anziché perderne altri 4, facendo tirare un bel sospiro a Lewis.
Un voto così basso se lo meritano anche le WILLIAMS: Le frecce bianche, che a Silverstone in condizioni di totale asciutto avrebbero dovuto vincere ed invece hanno buttato via la gara, hanno in Ungheria un calo netto di performance che noi avevamo in parte previsto. Va meglio a Bottas rispetto a Massa, ma questa differenza è da attribuire all’evoluzione aerodinamica sul flap dell’alettone anteriore che solo il pilota finlandese ha potuto montare per via della unicità del pezzo. Bottas compromette la possibilità di andare a punti per colpa di un contatto con l’ala di Verstappen che gli perfora lo pneumatico posteriore destro, ma in questo caso non ci sentiamo di incolpare il sopravvalutato pilota finlandese. Massa invece ha un’imprecisione nella posizione in griglia al primo start che gli costa 5 secondi di penalità: lo ritroviamo oltre la decima posizione per tutta la gara. Il brasiliano spiegherà di non essere riuscito a vedere la linea gialla dove avrebbe dovuto fermarsi per poi effettuare la partenza. Respiro in casa Ferrari che con la vittoria di Vettel allunga sulla Williams nel Mondiale Costruttori.
Si lamenta sempre molto della scarsa competitività della propria vettura il miglior debuttante brasiliano della storia della Formula 1. Senna? Piquet? Fittipaldi? No, scendiamo di livello: Massa? Barrichello? Stiamo parlando di FELIPE NASR: la puntualità delle rimostranze nei confronti di macchina, motore, team, mancanza di soldi, mancanza di aggiornamenti, non è la stessa che mostra in pista quando è chiamato al minimo sindacale, ovvero battere il pilota pagante Ericsson. In Ungheria gli è sempre, sempre, sempre dietro. Neanche la possibilità di conquistare quel punto, che poi andrà al compagno di squadra, gli dà quella motivazione extra per stargli davanti. O forse non è così competitivo come in molti pensavano. Non si vive di un solo quinto posto, serve costanza. Impari da Alonso.

2 – a LEWIS HAMILTON: Ogni commento è superfluo, basta vedere la gara. Anzi, basta vedere il primo giro. Un voto così “alto” lo merita solo per la splendida pole position con la quale ha distrutto il biondo al sabato. È di 9-1 il bilancio in qualifica per Hamilton: e pensare che quello tra Rosberg e Vettel, nonostante la clamorosa differenza di prestazione proprio sul giro secco tra le due macchine, è di 8-2 per il figlio di Keke. Per il resto, per la prestazione in gara, niente da aggiungere.
Si è preso ben tre penalizzazioni il pilota per hobby PASTOR MALDONADO: mai banale, e ti credo, sono anche io capace di buttare fuori almeno un avversario in ogni gara. La differenza è che io non ho ricchi sponsor venezuelani da portare in dote alle indebitate casse del team Lotus. Pastor è talentuoso, forse, ma decisamente avventuroso e in un team normale sarebbe stato gentilmente allontanato dopo un paio di gare. Il passaggio da Raikkonen a lui è stato peggiore di quello che il Milan fece da Thiago Silva-Ibrahimovic a Zapata-Pazzini. E la classifica ora recita Grosjean 23 e Maldonado 12.

1 – alla CARROZZERIA FORCE INDIA: Avevamo parlato bene nel pre-gara delle possibili ambizioni della Force India, che in Ungheria poteva puntare ad un altro risultato di rilievo. Non potevamo tenere conto del fatto che il team di Vijay Mallya ha portato a Budapest una vettura non buona neanche per andare sulla statale. La versione “B” della VJM08, quella col muso con le narici, avrebbe previsto l’alleggerimento dei bracci delle sospensioni, che hanno tuttavia ceduto nel clamoroso cappottamento di Perez del venerdì. Per evitare ulteriori inconvenienti, le sospensioni sono state di nuovo irrigidite prima della qualifica, con probabile conseguente perdita di feeling di entrambi i piloti. Non contenti, nel team indiano hanno dovuto ingoiare il collasso dell’ala anteriore di un incolpevole Hülkenberg ad oltre 300 km/h. Le prestazioni ci sono, ma con una carrozzeria così fragile e delicata la corsa al quinto posto nel Mondiale Costruttori è decisamente complicata.

La vocina in sottofondo è parecchio inquietante: forse perfino più del cappottamento di Perez.

0 – a NIKI LAUDA: “Invece di lamentarsi gli altri dovrebbero fare macchine più veloci. Che colpa ne ha la Mercedes se alla Ferrari gettano solo spaghetti e non mettono in strada la macchina nel modo giusto?". È questa la frase, pronunciata dopo il Gran Premio di Silverstone, che vale al supponente austriaco il Premio “Te la sei cercata” della settimana. Lo ricordiamo questo prestigioso riconoscimento, assegnato a Nico Rosberg dalla critica internazionale dopo l’Australia, quando il biondino aveva invitato Vettel al briefing Mercedes per scoprire i segreti della stella a tre punte. Seb, impassibile, si limitò a vincere la gara successiva, in Malesia, rifilando 8 secondi ad Hamilton e 12 secondi proprio ad uno sbigottito Rosberg, per giunta già battuto in qualifica il giorno prima. Sacrosanto lo sfogo di Arrivabene in Ungheria a fine gara: “Non mi piacciono gli spaghetti, mi son fatto una pizza all'arrabbiata e l'ho consigliata alla squadra per caricarsi”. Forse il loquace Niki Lauda dovrebbe avere più rispetto e riconoscenza nei confronti del marchio che lo ha fatto diventare Niki Lauda.
Voto meritatissimo anche per la GESTIONE ECONOMICA DEL TEAM LOTUS: se un pilota inaccettabile come Maldonado non viene messo in discussione, ciò è presto spiegato. Già dai tempi di Raikkonen si registravano i primi ritardi di pagamenti, che proseguono tuttora (così si vocifera) anche nei confronti della fornitura del propulsore Mercedes. Venerdì mattina si è probabilmente toccato il fondo: la Pirelli ha messo a disposizione tardivamente i propri pneumatici ai piloti Lotus per colpa dell’ennesima insolvenza dei vertici della squadra. I soldi portati dalla valigia di Maldonado non sembrano più sufficienti a garantire la presenza in Formula 1 di un team che con ogni probabilità sarà totalmente rilevato dalla Renault nella prossima stagione.


Articolo a cura di Federico Principi


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