martedì 20 ottobre 2015

New wave

Unioni civili, infrastrutture, trasporti, fibra ottica, rinnovamento tattico. Tutte questioni su cui sembra che l'Italia si stia sensibilizzando. Andiamo ad analizzare Napoli-Fiorentina, match inedito nella nostra Serie A.

di Emanuele Mongiardo






Per associazione di idee, il concetto di main event in Serie A richiama alla partita della domenica sera, con i riflettori delle pay tv puntati e i soliti commenti triti e ritriti a far da contorno. Nel mezzo probabilmente una partita scialba, un’under, con poche occasioni e qualche recriminazione arbitrale. Ripenso immediatamente a quel derby della Madonnina di tre anni addietro circa, con Abate che regala l’insperato vantaggio a Milito: si, la situazione sembra essere migliorata, nonostante l’assenza di eccellenze come Ibrahimovic o Sneijder. Dirigenti e allenatori sembrano aver appreso: l’unica ancora di salvezza in un mare di crisi economica e tecnica è la forza delle idee. 
Napoli-Fiorentina è il manifesto di una nuova corrente, più avanguardista e logica. Sarri e Sousa non sembrano avere molto in comune fenotipicamente: il primo alieno al mondo del calcio giocato, rigorosamente in tuta, con quel mozzicone di sigaretta sempre in bocca. Il secondo dotato un tempo di acume tattico superiore, stilisticamente di astrazione borghese, in simbiosi col nuovo sponsor tecnico viola, Le Coq Sportif. Ma dopo la partita di ieri, sono definitivamente loro i battistrada del nuovo corso del nostro calcio.


Equilibrio, intensità, ordine

Il toscano punta sui titolarissimi, per usare un termine caro ad un altro suo corregionale, disposti col geometrico 4-3-3. Sousa schiera in distinta il solito 3-5-2, con Bernardeschi in luogo di Ilicic.
Il primo tempo, nonostante l’assenza di occasioni lampanti, è una ventata d’aria fresca, agli antipodi della stracittadina sopracitata. I gigliati pressano alti, vogliono ostacolare sul nascere la costruzione ragionata dei partenopei e in fase di non possesso adottano un 4-4-1-1 ultra compatto, con Tomovic abile a scalare terzino dopo il ritorno di Alonso sulla corsia difensiva mancina, mentre Kuba agisce nella posizione naturale di esterno di centrocampo. 

Kalinic tra i due centrali, Bernardeschi a schermare la linea di passaggio per Jorginho, Badelj e Kuba in pressione su Hamsik.

Questa disposizione tattica soffoca le combinazioni offensive del Napoli, in particolare impedisce gli inserimenti dei centrocampisti e soprattutto imbottiglia nel traffico il talento di Insigne. Ogni estimatore di Zeman (tra questi anche Sarri) e in generale ogni appassionato di Serie B, conosce l’asse portante del fu Pescara delle meraviglie: palla a Lorenzo sulla fascia, movimento a rientrare palla al piede, taglio sul lato opposto di Sansovini, filtrante al bacio e gol. Anche quest’anno abbiamo assistito a questa soluzione, con Allan al posto dell’ex Spezia. Il fantasista azzurro non ha spazio per dipingere i propri assist, anche perché a ridosso della propria area la Fiorentina impedisce di attaccare la profondità, perciò un eventuale suggerimento finirebbe sprecato. Addirittura al 9’ Insigne torna a ridosso del centrocampo per effettuare la sua solita giocata, ma nonostante la correttezza della scelta e la precisione del lancio, si tratta pur sempre di un tracciante di cinquanta metri privo di imprevedibilità. 

Qui addirittura Insigne isolato contro cinque uomini.

Altro pregio della disposizione degli ospiti è la capacità di offrire sempre alternative di passaggio nella transizione offensiva. Oltre ai ranghi serrati, sono fondamentali anche le salite di Marcos Alonso, bravissimo a coprire tutta la corsia mancina e a trasformare il 4-4-1-1 in un 3-4-2-1, spesso variabile in un più canonico 3-5-2 (Borja Valero mezzala) o in un 3-4-1-2, con Bernardeschi più vicino a Kalinic. Il croato è la prima opzione offensiva per la sua capacità di proteggere palla e innescare i compagni. Si dice che il suo talento non sia proporzionale alla sua intelligenza, ma è un luogo comune: lo stop con cui al 16’ elude la marcatura di Hisay e Albiol è sontuoso, di una cifra tecnica sicuramente notevole.
Dal canto suo il Napoli professa i soliti principi tattici, amplificati dal 4-3-3. E’ una dislocazione tattica che permette la continua formazione di triangoli e facilita la trasmissione di palla. Nei salotti post partita si sente spesso parlare dell’umiltà di Sarri, votatosi ad un nuovo modulo; è giusto sottolineare comunque come alcuni principi restino invariati, in particolare nella circolazione di palla, dove vi è la formazione di rombi anziché triangoli. In mediana l’ago della bilancia è Hamsik, tornato ai fasti della gestione Mazzarri nonostante la differenza di ruolo: è un continuo riferimento per i compagni e, in caso di difficoltà, riesce a liberarsi del marcatore e proseguire palla al piede. 

Addirittura Reina vertice basso del rombo.

Il 4-3-3 partenopeo prevede l’occlusione di fonti di gioco in direzione dei trequartisti, perciò spesso Badelj e Vecino sono costretti ad appoggiarsi ai compagni di fascia. La pressione dei padroni di casa è volta al recupero istantaneo del pallone, perciò nelle zone di gravitazione della sfera vi sono più uomini in maglia azzurra e non è raro vedere i centrocampisti spostarsi sincronicamente in orizzontale. Da una situazione di questo tipo al 14’ nasce un recupero palla sulla trequarti viola; tuttavia gli ospiti sono abilissimi a ricomporsi ed isterilire le velleità offensive degli uomini di Sarri.


E’ comunque una scelta non priva di rischi, specie nel caso in cui l’attaccante avversario riesca a ricevere palla e ad agire fronte alla porta, senza la marcatura dei centrocampisti. Jorginho e gli altri centrocampisti pressano Vecino sulla fascia, Kalinic si libera dei diretti marcatori e scatena l’offensiva viola che porta alla bordata di Kuba respinta da Reina


Agitazione termica

Neanche il tempo di rimettersi comodi in poltrona che il secondo tempo si apre con il gol di Insigne. Hamsik si libera della pressione blanda di Kalinic e con il radar verticalizza per il 24 che insacca di piatto all’angolino basso. In questo caso vi è un doppio errore di Tomovic, indietro rispetto ai compagni di reparto e posizionato male col corpo, attratto dal pallone e rivolto quasi verso il centro destra.


Da qui fino al gol del pareggio inizia una frazione di sbandamento viola, accentuata da una disposizione in campo più aggressiva del Napoli, in particolare con Hamsik e Allan in prossimità degli attaccanti. Pertanto in fase difensiva non si assiste più al 4-5-1 in linea che avevo disinnescato i pericoli Borja Valero e Bernardeschi, ma ora il pressing è più aggressivo, come dimostra l’occasione al 68’ in cui Allan ruba palla a Gonzalo Rodriguez nella sua area di rigore. 

Il rovescio della medaglia nella diversa disposizione tattica del Napoli in fase difensiva: Insigne non è più in linea con il centrocampo e tra lui è Ghoulam è terra di nessuno, occupata prontamente da Kuba che serve Ilicic. Contemporaneamente Valero sfrutta il buco lasciato da un Hisay iperoffensivo e fornisce un’alternativa di passaggio allo sloveno, che però rifinisce per Kalinic neutralizzato da Reina.

La mentalità più spregiudicata del Napoli e la necessità di risultato della Fiorentina sfibrano il collante tattico del primo tempo, riproducendo quel fenomeno chimico per cui all’aumentare del calore i legami tra atomi si affievoliscono, lasciando le particelle libere di muoversi più velocemente. Così l’intensità di gioco aumenta. In generale, nonostante la Viola non si dia per vinta, il Napoli riesce a creare più occasioni proprio sfruttando il momento caotico della gara.

I Viola si sbilanciano in direzione della palla, con Badelj e Vecino a destra e Alonso alto sul centro sinistra. Higuain ha il tempo e lo spazio necessari per rientrare a centrocampo e inventare un filtrante per Hisay, che sfrutta il dissesto geometrico viola; a nulla vale il tentativo di rientro di Vecino.

L’ingresso di Ilicic coincide con una ripresa di coscienza della Fiorentina, che cerca maggiormente il fraseggio tra le linee, dove l’asse tra lo sloveno e Kalinic tiene in apprensione la retroguardia avversaria. Un dolore alla coscia sinistra costringe Sousa a rinunciare ad Alonso e a puntare su Roncaglia, ridisegnando la squadra col 3-4-2-1. In questo stralcio di secondo tempo riacquista lucidità anche Borja Valero, servito con più frequenza dai compagni. Al 71’ Albiol lo anticipa in tackle ma continua inspiegabilmente ad aggirarsi attorno all’ex Villarreal. Si crea un vuoto attaccato prontamente da Kalinic sull’assist col contagiri di Ilicic: 1 a 1, gol al volo d’esterno destro, alla faccia del giocatore poco dotato. 


Passano appena tre minuti e il Napoli torna nuovamente in vantaggio, sfruttando quella che nel 4-3-1-2 sarebbe stata la coppia d’attacco. Nel 4-3-3 di Sarri infatti non è raro vedere un’ala larga, quasi sulla linea laterale e l’altra nei pressi del centravanti. 

Qui Mertens da seconda punta combina con Higuain che libera il destro e impensierisce Tatarusanu; il belga nel frattempo attacca lo spazio creato dal movimento dell’argentino, ma sulla ribattuta del portiere è in fuorigioco.

Proprio in occasione del secondo gol c’è Mertens di fianco a Higuain, che sfrutta il tocco di troppo di Ilicic, gli ruba palla, combina col Belga e trafigge Tatarusanu.
A questo punto Paulo Sousa inserisce Babacar al posto di Tomovic e riplasma la squadra con un modulo che oscilla dal 4-3-1-2 (Kuba terzino sinistro, Roncaglia terzino destro, Ilicic dietro le punte) al 3-4-1-2 (Kuba tornante sinistro, Vecino largo a destra, Ilicic sempre dietro le punte). Una pressione scriteriata del centrocampista uruguaiano sulla destra porta al presunto rigore reclamato da Higuain: Ghoulam riceve palla, Vecino non lo copre, Borja Valero e Roncaglia sono troppo centrali e così devono percorrere più metri rispetto all’algerino che si invola in linea retta sulla fascia, arrivando a crossare per il Pipita.


La retta via

La partita termina così, 2 a 1, una partita di questo ingegno tattico probabilmente in Italia non la vedevamo da decenni. Bisogna sperare in una conversione del nostro movimento, per fortuna qualcuno in grado di prendere per mano la Serie A ed elevarne il livello sembra ci sia. Altro aspetto importante, finalmente si sono visti 22 uomini in grado di giocare a calcio (in quel Milan-Inter di cui parlavo prima c’erano Muntari e Abate).
E’ difficile pronosticare un vincitore quest’anno, sicuramente da un punto di vista organizzativo Napoli e Fiorentina sono più avanti di Juventus, Inter e Roma. Da estimatore di Sarri non mi dispiacerebbe vedere la sua tuta Kappa e le sue sigarette soppiantare giacche e cravatte più reclamizzate, così come non mi dispiacerebbe vedere quelle polo da aperitivo a Milano centro sul trono della Serie A. Sicuramente questa partita dovranno studiarla bene a Coverciano, cavalcare l’onda potrebbe portare finalmente il nostro calcio verso altri lidi.


Articolo a cura di Emanuele Mongiardo


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